DESAPARECIDOS: SENTENZA DI CONDANNA DELLA CORTE D’ASSISE DI APPELLO DI ROMA A CARICO DEI MILITARI ARGENTINI

Se mai si può dire giustizia è fatta, questo è il caso della sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma a carico dei militari Argentini. Ai quali, per i loro turpi delitti, meglio si attaglia la definizione di “macellai di Buenos Aires”. Erano accusati della scomparsa e della uccisione di otto oriundi italiani. La sentenza d’appello ha confermato, senza nessuno sconto, le pene comminate in primo grado: ergastolo per i generali Guillermo Suarez Mason e Santiago Omar Riveros; 24 anni di reclusione per i sottufficiali José Porchetto, Juan Carlo Gerardi, Julio Roberto Rossin, Alejandro Puerta, Omar Ector Maldonado. Non sorprenda l’inequivocabile radice italiana di alcuni dei loro cognomi, essendo quasi la metà della popolazione argentina discendente da antichi emigranti del nostro Paese. Ragione per cui, come tra i 30.000 desaparecidos vi sono 450 oriundi italiani, purtroppo anche tra i carnefici vi furono degli italiani.
Per quanto terrificanti siano state le vicende che condussero alla “desparicion” delle vittime e per quanto accertate siano le responsabilità degli imputati, si deve dire che, forse, non sconteranno mai la pena, che è stata loro comminata in contumacia. Del resto, quello di Roma, è il solo processo di cui si abbia notizia nel mondo contro questi “macellai”, che hanno disonorato la divisa che indossano come disonorano il genere umano.
Dopo la fine della dittatura militare a Buenos Aires, qualcuno di loro era stato incriminato. La ritrovata democrazia argentina aveva istruito i primi processi. Uno anche a carico del generale Mason, riconosciuto responsabile di decine di omicidi, sequestri e torture, oltre quelli per cui è stato condannato dal Tribunale di Roma. In quel caso una fuga provvidenziale negli Usa gli aveva consentito di restare libero. Poi, ben presto, la debole democrazia argentina sarà “ricattata” (non c’è altra definizione possibile) dalle caserme, dove molti altri temevano la celebrazione dei processi. Sicché furono promulgate leggi che prevedevano la sostanziale impunità. Il processo in Italia è stato possibile poiché le vittime erano di origine italiana, e soprattutto perché il Presidente del Consiglio, D’Alema, e i Ministri della Giustizia, Flik e Diliberto, vollero che la giustizia facesse il suo corso.

(Gianni Giadresco, la Rinascita della sinistra, 28 marzo 2003)

 
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