LA CANALETTA DELL’ANIC

In occasione dei cinquant’anni del Consorzio Ravennate, mettendo mano agli archivi di tanti anni di lavoro è stata trovata la pizza originale del filmato girato tra il 1956 e il 1957 che documenta i lavori di realizzazione del canale di adduzione delle acque del Reno allo stabilimento Anic, la “canaletta dell’Anic”. Il filmato, che non era mai stato presentato al pubblico, è stato restaurato e proposto all’assemblea del 16 giugno 2004. Di seguito riportiamo il testo che accompagnava le immagini scritto da Gianni Giadresco, come testimonianza di un’epoca storica e come tributo agli uomini che a partire da quelle prime innovative esperienze costruirono il Consorzio

“Sulle rive del canale navigabile Corsini, lungo il quale, lente e quasi stagnanti, le acque dell’Adriatico giungono al centro di Ravenna, un grande cuore ha cominciato a pulsare. Sorge il grande complesso per la fabbricazione di concimi azotati e gomma sintetica, che l’A.N.I.C., azienda di stato, ha in costruzione. La sua produzione annua sarà di 650.000 tonnellate di fertilizzanti azotati e di 55.000 tonnellate di gomma sintetica.
Il metano, la materia prima per la lavorazione, è sotto questa terra in parte brulla e in parte redenta dal duro lavoro di intere generazione di braccianti … che hanno combattuto la loro battaglia contro la palude.
Ma il metano non sarebbe sufficiente, la lavorazione richiede infatti un secondo elemento: I'acqua. Moltissima acqua. Nel mezzo di una pianura in gran parte acquitrinosa, intersecata da canali e bagnata dal mare, manca infatti il quantitativo sufficiente di acqua idonea al processo industriale.
Senza un torrente continuo del vitale elemento, la grande fabbrica non avrebbe potuto nascere, vive-re, produrre. Unica sorgente capace e continua era il fiume Reno a 15 km di distanza in linea d'aria. Ma per portarla alla riva del Canale Corsini era necessario affrontare una serie di problemi e superare grandi difficoltà tecniche.
Si trattava di vincere un ambiente dove la natura è nemica all'uomo, superare acquitrini, dossi sabbio-si, canali.
Necessitavano attrezzature meccaniche modernissime, tecnici ed operai capaci, profondamente uniti fra loro nell'impegno della esecuzione. Nella nostra terra di antiche tradizioni associative, questa condizione esisteva nella cooperazione che grazie all'azione unitaria poteva impegnare nell'esecuzione dell'opera le comuni esperienze e notevoli mezzi tecnici e meccanici. Tracciato il percorso, fissato il piano di svolgimento dei lavori, si trattava di procedere a tempo di record.
L'opera iniziata il 15 giugno 1956 doveva essere consegnata all’ANIC il 15 marzo 1957. Dieci mesi di intenso lavoro, per una impresa di vasta mole che prevedeva:

  • 5.200 metri di condotta circolare in cemento armato diametro 200 centimetri
  • 5 botti a sifone con sezione 200x200 per complessivi 250 metri lineari
  • l’impianto idrovoro in sinistra canale Destra Reno
  • il ponte canale per l'attraversamento del canale Destra Reno
  • 9 ponticelli carrabili
  • la vasca di scarico sulla destra del canale Reno
  • 6 opere d'arte
  • 200.000 metri cubi di movimento di terra

Per la realizzazione si sono resi necessari, oltre alle normali attrezzature di cantiere: … II concentra-mento delle attrezzature è risultato uno dei più alti raggiunti per i lavori edili. Ogni operaio impiegato ha avuto a sua disposizione in media, un valore di attrezzature di oltre 2.500.000 lire
Gli escavatori mordono la terra, le ruspe sbancano la sabbia. Le macchine preparano il cemento e l'o-pera procede.
Sotto il sole che picchia cocente sulla pianura come un grande martello, facendo scricchiolare le canne palustri, quasi fossero in fiamme, nasce l'opera che porterà la vita al grande cuore dell'ANIC. Qui dove prima era soltanto il regno degli uccelli di valle, delle zanzare, della malaria, ed il pascolo per lenti greggi, gli uomini e le loro macchine, amici fra loro, portano la vita.
Per rendere operativi i cantieri si resero necessarie una serie di opere ausiliarie comprendenti, fra I'altro, la costruzione di:

  • 3.000 metri lineari di condotta idrica
  • 6 serbatoi pensili
  • 4.000 metri lineari di linea elettrica
  • la cabina elettrica di trasformazione per 100 kilowatt
  • 9 baraccamenti per il ricovero degli operai e delle attrezzature

Per soddisfare le esigenze tecniche e la necessaria celerità di esecuzione della condotta, fu data la preferenza all'uso di casseforme pneumatiche del diametro di 2 metri per l'armatura interna e di casseforme metalliche per quella esterna. Ciò ha segnato un fatto totalmente nuovo sul piano tecnico in quanto per la prima volta veniva-no studiate, costruite e sperimentate casseforme pneumatiche di tali dimensioni.
Passano le ore, i giorni e i mesi iI caldo soffocante cede il posto alle nebbie autunnali e poi al freddo, ma gli uomini non si fermano. Debbono arrivare e arriveranno.
Con l'avanzare della stagione la pianura si è fatta brulla, e un vento gelido fa impazzire le erbe aspre e secche. Par di essere coperti di gelida nebbia e il freddo dell'acqua passa attraverso gli stivaloni di gomma.
II lavoro è sempre più duro, la fatica raddoppiata dalla melma che avvinghia ogni cosa rendendo i passi più lenti e pesanti. Anche le macchine stridono e sbuffano. Ma si va avanti ugualmente, il lavoro procede perché la battaglia deve essere vinta ed è proprio nell'invernata che viene eseguito il maggiore volume di lavoro.
Le armature metalliche della condotta continuano ad essere strette dal cemento. La cassaforma pneumatica che sostituisce la tradizionale casseratura in legno, si gonfia come un grande, allucinante pesce e poi si sgonfia, lasciando dietro di sé un altro pezzo di condotta pronta. Le opere d'arte, i ponti, l'impianto idrovoro le tombe a sifone per il passaggio della condotta, i diversi canali che intersecano la zona, tutto va avanti.
Finalmente l'inverno è passato. La pianura torna ad animarsi coi colori dei fiori selvatici. La natura canta assieme agli uomini che sempre hanno serbato nel cuore una canzone per lanciarla al cielo nei momenti più duri, quasi una sfida alle avversità.
Gli uomini si sentono felici. Con le loro mani, rese sante dal duro lavoro, hanno firmato una delle maggiori opere del genere eseguite in Italia. Sentono di avere partecipato intimamente alla costruzione di una opera che durerà nel tempo.
La Cooperazione di lavoro del ravennate, così come ieri si prodigò nella redenzione delle vaste plaghe paludose senza risparmio di fatica e di sacrifici, ancor oggi, a 70 anni di distanza dalla sua fondazione, continuando una ininterrotta tradizione che onora il Movimento Cooperativo, ha saputo essere all'altezza del suo buon nome. Con elevata coesione ed alto senso di responsabilità, ha dato un contributo tangibile alla realizzazione di un opera che, per la sua natura, non dovrebbe mancare di contribuire allo sviluppo della economia provinciale delle categorie lavoratrici e produttrici della città e della campagne.
Ora tutto è pronto e l'acqua scorre lungo la condotta ricoperta di terra. Gli uomini hanno vinto.”

Gianni Giadresco 1957

 
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